LETTERA APERTA

 

 

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LETTERA APERTA A CHI ANCORA DICE CHE I GIALLI NON SONO LETTERATURA

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   Quanti romanzi, ovvero quante storie inventate popolate di personaggi inventati che vivono vicende inventate e soffrono e gioiscono di cose inventate, avete letto in vita vostra? Cento? Mille? Diecimila? Bene. Escludendo i mystery, vi sentireste di dire che erano tutti “letteratura”?

   Era letteratura quella storia inconcludente male ambientata in una Londra di due secoli fa? Era letteratura quel falso diario di viaggio che sembrava scritto da un adolescente sciatto e brufoloso? E quel romanzetto pornosoft? E quello sproloquio intimista? E quell’avventura senza né capo né coda? E quella noiosissima storia di famiglia? E quel tormentone sentimentale? E quel libro dalla copertina verde che recentemente avete rigirato a lungo tra le mani senza riuscire a ricordare neanche se lo avete letto o no?

   Certo non direste che si trattava di “letteratura”. E non vi verrebbe neanche in mente di dire che si trattava di “letteratura di serie B”. Direste che erano libri brutti, scritti male, fesserie, spazzatura, inchiostro sprecato, alberi inutilmente abbattuti, eccetera eccetera.

   Li giudichereste, cioè, uno per uno, secondo il loro valore.

   E allora perché prendere in blocco un mondo intero di romanzi chiamati d’indagine, di mistero, polizieschi, noir, thriller o che dir si voglia e, per ciò stesso, classificarli di serie B? Per poi, forse, dopo decenni, quando un editore più accorto o più furbo di un altro pubblica in una collana “seria” il Simenon o lo Scerbanenco di turno e lo fa pagare dieci volte quanto costava in paperback, ammettere che sì, è vero, in quel caso, raro, rarissimo, si trattava di uno scrittore “vero”?

   Sono “falsi” gli scrittori che vi tengono col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina?

   No, non sono “falsi” - ammetterete cedendo un poco - cosa c’entra? Però è difficilissimo che quello che scrivono sia “letteratura”. La maggior parte è semplice narrativa di intrattenimento. Roba per far passare il tempo, per svagarsi, per sognare, per provare emozioni, per immaginare di stare in luoghi e in epoche diversi. Roba che si legge in vacanza, o in treno, o quando non abbiamo impegni, o finanche al gabinetto.

   Bene. Benissimo. Sono perfettamente d’accordo. Perché avrete finalmente ammesso che i romanzi mystery sono esattamente come gli altri. Che, come gli altri, vanno ad aumentare la massa spaventosa di carta stampata che si è prodotta da Gutenberg ad oggi. E tra cui, esattamente come tra gli altri, solo sporadicamente brilla qualcosa che si può chiamare “letteratura vera”.

   Con l’attenuante che la letteratura mystery è una goccia nell’oceano di tutto ciò che è stato scritto al mondo, se non altro perché, essendo nata da soli centosessanta anni, è decisamente molto giovane. Logico quindi che, non avendo subito una scrematura di secoli e secoli, abbia espresso meno capolavori. Bisogna darle tempo.

   Infatti, vi siete mai chiesti quanti romanzi intimisti sono stati scritti prima che “Alla ricerca del tempo perduto” li facesse dimenticare tutti di colpo? O quante angosce hanno trovato malamente posto sulla carta prima che Kafka le fissasse per sempre? E quanti feuilleton sono stati utilissimi a incartare patate prima che Dumas sfornasse capolavori a pochi centesimi a pagina? Quante commedie sono state seppellite dagli sbadigli perché a noi arrivassero quelle di Shakespeare? Quanti racconti di guerra e di conquista sono stati dettati agli scrivani prima che Giulio Cesare scrivesse il De Bello Gallico? E quante volte la poesia è servita solo perché cuore facesse rima con amore prima che Dante scrivesse la Divina Commedia?

   Allora. Volete o no permettere a noi giallisti di scrivere cataste di romanzi brutti o mediocri o del tutto normali, esattamente come fanno tutti gli altri scrittori, senza precluderci pregiudizialmente l’accesso alla grande letteratura?

   E’ pur vero, bisogna ammetterlo, che non è solo colpa vostra se nutrite pregiudizi perché questo nostro genere di narrativa al suo inizio e per lungo tempo non si prefiggeva quasi altro scopo che portare avanti una trama facendo muovere personaggi che erano poco più di macchiette, tutt’al più provvisti di qualche tic, di qualche caratteristica fisica appariscente o solamente di una sigaretta sempre penzolante all’angolo della bocca. In questi romanzi la vicenda, senza essere disturbata da descrizioni eleganti o da approfondimenti della psicologia dei personaggi, catturava da sola il lettore e lo portava alla felice, e quasi sempre consolatoria, conclusione. I cattivi venivano puniti, il bene trionfava e tutti spegnevano la luce e si addormentavano felici e contenti.

   Forse nel mondo se ne scrivono ancora, di romanzi così. E certo si scrive un romanzo di tipo nuovo, che ha moltissimo successo, in cui l’autore mescola con furbizia alcune nozioni che appartengono alla grande cultura con una trama più o meno originale e una storiaccia d’amore prevedibilissima. Ne vengono fuori un migliaio di pagine che avvincono il lettore col peggio del mystery dandogli al tempo stesso l’illusione di essere una persona, se non colta, che almeno alla cultura si può accostare.

   Nulla di ciò, naturalmente è letteratura. Ma chi legge mystery si è certo reso conto che questo genere ha subito moltissime trasformazioni, è cambiato, è maturato e si è incanalato per tante vie, alcune irritanti, altre interessantissime. Altre ancora decisamente impegnative anche dal punto di vista letterario.

   Confessatelo, almeno una volta vi è certo capitato di chiudere un mystery e di rimanere lì per qualche minuto in silenzio, col libro ancora tra le mani, per assorbire fino in fondo le sensazioni che avete provato, per capire fin nel dettaglio quali vostre corde sono state toccate, che cosa nel vostro intimo è stato raggiunto, quale verità è stata denudata, quale risposta è stata data, quale domanda è stata posta.

   Allora sicuramente quel romanzo apparteneva al mondo esclusivo della grande letteratura.

   Perché, anche se ciascuno di noi ha una sua diversa sensibilità e ciò che scuote uno può non toccare minimamente un altro, quando entriamo in contatto con qualcosa di grande ce ne rendiamo sempre perfettamente conto.

   Cosa è successo allora? E’ successo che la narrazione e la storia si sono tramutate in qualcosa di universale. Che non si tratta più di raffigurazione più o meno immaginaria della realtà, ma di arte. Che non stiamo parlando più di narrativa, ma di letteratura.

   Eppure, caspita, era solo un mystery.

 

 

Contributo al:

Seminario degli scrittori di giallo

XVII CONFERENZA AIEP

Amsterdam 2004