UN RACCONTO

 

PER VOI

 

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TANGO

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   Io non ci volevo andare, a quella scuola di tango, signor commissario, non ci volevo andare. Però lei deve capire che mi era difficile dire di no a Maria. L’amavo troppo. Era una donna straordinaria... Era bella, intelligente, piena di energia e aveva anche un bel carattere forte e paziente. Però se le veniva l’idea di fare qualcosa di nuovo quell’idea la prendeva tutta, la conquistava, l’appassionava. Era fatta così.

   Come quando si è voluta iscrivere al corso di ceramica e mi ha riempito la casa di vasi d’argilla, o quando ha frequentato un corso di pittura su seta e andava girando vestita di scialli variopinti, o quando ancora si è specializzata in alta pasticceria e mi ha fatto ingrassare di cinque chili in un mese...

   Non è che non la capissi, signor commissario. Da quando aveva perso il lavoro era diventata irrequieta... No, problemi di soldi non ne abbiamo mai avuti, per fortuna, perché io guadagno bene, ma lei, che era una donna carica di energia, si annoiava. Le giornate, sola a casa, erano lunghe. Le doveva pur riempire con qualcosa.

   Io ero un tipo mite e in più l’adoravo. In buona sostanza tutto quello che faceva mi andava benissimo anche perché con tutti quei corsi Maria si svagava, si entusiasmava, si faceva delle amiche, e io ero felice per lei. Tutt’al più dovevo fingere per uno scialle dipinto o per un pan di spagna ben lievitato un interesse maggiore di quello che non provassi davvero, ma sono i piccoli sacrifici che si fanno volentieri, quando si ama qualcuno. Ripeto, ero contento che avesse trovato in tutti quei corsi uno sfogo alla sua legittima ansia di fare.

   Per la scuola di tango, invece, il discorso era completamente diverso, signor commissario. Maria si era incaponita che mi ci dovessi iscrivere anche io. Diceva che non aveva senso che lo imparasse lei sola, che avrebbe fatto poi? Con chi lo avrebbe ballato? Dovevamo impararlo tutti e due, allora sì che ci saremmo divertiti, altro che andare sempre al cinema o a mangiare una pizza con gli amici. Era stufa di quel solito tran tran, era ancora giovane e piena di vita e voleva divertirsi. Così diceva.

   Ho cominciato a preoccuparmi un po’ perché, quando una moglie ripete in continuazione di essere stufa della solita vita, un marito innamorato deve stare attento. Vuol dire che ci sono problemi in vista, se non peggio. Lo tenga bene in mente anche lei, se ha moglie, signor commissario. E io problemi non ne volevo, e tanto meno volevo che mia moglie diventasse una donna insoddisfatta. L’insoddisfazione porta sempre a guardarsi intorno ed io l’amavo troppo, non potevo rischiare che finisse per mettere gli occhi su qualcun altro e magari mi abbandonasse. Che ne sarebbe stato, in tal caso, di me?

   E poi c’è anche da dire che questa smania del tango andava avanti da tanto tempo. Era diventata una vera e propria fissazione. Ha visto quanti dischi di tango ci sono, a casa mia? E lei non ha neanche idea di quanti film, di quanti spettacoli di tango mi sono dovuto vedere, con Maria accanto che fremeva immedesimandosi nella protagonista e che continuava a chiedermi come facessi a non sentirmi coinvolto, come facessi a non avvertire la passione, la sensualità, la voluttà di quella danza...

   Eppure Maria sapeva benissimo che ballare non mi era mai piaciuto. Nessun ballo, mai. Ero convinto di non essere il tipo adatto per fare il ballerino, di non averne nemmeno il fisico. E poi col passare degli anni avevo messo su un po’ di peso, e cominciato a perdere i capelli... Sì, lo so che sono sciocchezze, ma, insomma, allora la pensavo così. Maria lo sapeva, non avrebbe dovuto forzarmi così tanto.

   E invece continuava ad insistere, a volere che diventassi un “tanguista”, come si dice in spagnolo.

   Non dicevo di no per caparbietà o perché non la volessi accontentare. L’accontentavo sempre, qualunque cosa desiderasse. Maria sapeva che poteva chiedermi di riverniciare tutta casa, di passare ore e ore a fare shopping, di spostare i mobili. Sapeva che poteva chiedermi tutto, ma non di ballare. Non ne ero capace, mi sentivo ridicolo, stavo a disagio...

   Figurarsi il tango! Dove mi sembrava che i ballerini si muovessero a scatti come marionette, facessero passi strani e piroette assurde che finivano di colpo, immobilizzandoli come statue, in pose che avrebbero voluto essere sensuali e che a me, sinceramente, sembravano proprio ridicole.

   Ma Maria insisteva, supplicava, faceva il broncio... Era così graziosa, quando faceva il broncio, signor commissario... Diventava irresistibile.

   Insomma, è finita che una sera ho capitolato e le ho detto di sì. Doveva vederla, ha fatto salti di gioia come una bambina. Mi ha detto che ero l’uomo migliore del mondo, che la facevo felice, che mi amava tanto... Mi ha abbracciato, mi ha baciato, e siamo finiti a fare l’amore sul divano senza neanche preoccuparci di tirare le tende... Era da prima che ci sposassimo, che non facevamo l’amore così. E’ stato meraviglioso. Maria è stata meravigliosa, quella sera.

   E stato così che, per amor suo, ho cominciato ad andare a scuola di tango. E mi sono impegnato, mi creda, perché quando faccio qualcosa la voglio fare bene, io. Ho anche studiato la storia di questo ballo. La sua evoluzione nel tempo. Lei lo sapeva che è stato inventato a Buenos Aires, e che all’inizio si ballava solo nei bordelli? Era il ballo della malavita, assolutamente mal visto tra la gente perbene, finché, si sa come vanno queste cose, non ha finito per prendere piede in tutto il mondo...

   All’inizio è stata una tortura. Non sapevo dove mettere i piedi, facevo sempre i passi sbagliati, ma poi, piano piano, ho cominciato ad imparare, ed ho capito che Maria aveva ragione, che è un ballo davvero sensuale.

   E sa perché, signor commissario? Perché i ruoli, nel tango, sono assolutamente definiti. L’uomo fa l’uomo, la donna fa la donna. L’uomo è quello che conduce, sempre. E’ quello che comanda, che attira la donna verso di sé, che la respinge, che la piega, che la fa volteggiare, che la getta a terra. Un vero macho, insomma.

   La donna si deve limitare a seguire i suoi passi, i suoi movimenti. Solo seguire. Farsi guidare. Lasciarsi andare.

   E’ per questo che alle donne piace tanto. Ci ha mai pensato? No? Allora ci pensi, vedrà che mi darà ragione. Vede, le donne non lo confesserebbero mai, perché ci tengono ad essere libere e indipendenti, ma in fondo in fondo sentono il fascino di essere dominate, mi creda. Ci ho messo un po’, ma l’ho capito. Nel tango le donne possono sentire l’emozione antica di essere dominate da un uomo e lo possono fare senza rimetterci nulla, senza perdere la faccia. Perché hanno la scusa che stanno ballando. Ci pensi, signor commissario, ci pensi.

   Cosa dice? Sto divagando? No, quello che le sto dicendo è importante, se vuole davvero capire come sono andate le cose. La prego, mi faccia raccontare a modo mio.

   Dunque, dicevo, ho cominciato ad imparare. Gli altri allievi erano tutti a coppia, in questo Maria aveva ragione, bisogna anche affiatarsi, alcuni erano di mezza età, altri più giovani e tutti, almeno all’inizio, impacciati come me. Ma l’insegnante era una donna molto paziente, molto gentile e pian piano abbiamo cominciato a fare progressi. Maria, neanche a dirlo, era la più brava.

   La sera, dopo cena, ballavamo sempre un po’, così per fare esercizio. Ogni tanto sbagliavo qualcosa, e Maria mi correggeva, ma andava bene lo stesso. Era felice e mi guardava con gli occhi brillanti di una donna soddisfatta del suo uomo.

   Io ero sorpreso di me stesso. Piacevolmente sorpreso, devo dire. Ballavo ormai abbastanza bene mentre fino a pochi mesi prima non avrei mai creduto di poter fare due passi in fila senza pestare qualche piede e ci avevo preso gusto.

   Ma la cosa più importante è che mi sentivo diverso, come dire? Più forte, più padrone di me stesso, più sicuro... Un altro uomo, insomma. Il fatto è che il tango mi stava cambiando.

   Gliel’ho già spiegata quella storia sui ruoli della donna e dell’uomo in questo ballo, no? Il protagonista è sempre l’uomo, anche nei testi, che sono bellissimi, pieni di sentimenti forti. E’ l’uomo che ama, che soffre, che reagisce, che sogna. La donna non esiste se non attraverso i sentimenti di lui. Affascinante, vero?

   Insomma, ci ho pensato molto ed ho trovato la spiegazione, signor commissario. Ho capito cosa mi stava succedendo. Mi stava succedendo che a furia di ballarlo, a furia di interpretare lo spirito dell’uomo forte e dominatore, alla fine stavo diventando macho anche io. E’ stato come se pian piano la patina di educazione e buone maniere che avevo addosso si andasse assottigliando per far emergere un uomo diverso, più sincero, meno tollerante... Più primitivo e più vero, insomma.

   La vedo perplesso, signor commissario. Non mi crede? Eppure le assicuro che è andata proprio così. Anche Maria se ne è accorta e la cosa la divertiva. Diceva che ero diventato un vero “tanguista”, mi prendeva in giro e ci ridevamo su. Almeno all’inizio.

   Poi il corso è finito e abbiamo cominciato a frequentare le sale da ballo. Oramai ero diventato molto bravo ed ero in grado di eseguire anche le “figure”. Conducevo, insomma, molto bene, tanto che le donne cominciavano a fare la fila per ballare con me e Maria si doveva accontentare di ballerini meno abili. Questo non le garbava tanto, ma non lo dava a vedere.

   A me, comunque, di quello che garbasse a Maria non importava più molto. Il tango ormai lo potevo ballare con o senza di lei. Mi piaceva, mi era entrato nel sangue. Mi aveva trasformato il carattere. E la cosa, naturalmente, si rifletteva anche nella vita di tutti i giorni.

   Maria capiva e non capiva la mia trasformazione. Mi diceva di smetterla di scherzare, che la cosa non la divertiva più. Ha cominciato a farmi notare che non dicevo più “grazie” o “per piacere”, poi, sempre più risentita, che ero diventato sgarbato, che non le aprivo più la portiera della macchina, che non l’accompagnavo a fare la spesa, che mi rifiutavo di andare a spasso per fare shopping, che la trattavo male persino davanti alle sue amiche.

   Io non la stavo più a sentire, non capivo cosa volesse. Sapevo solo che Maria diventava sempre più seccante, con le sue lagnanze. Mi dava fastidio e non mancavo di dirglielo chiaramente. Ma lei non mi dava tregua, era testarda, gliel’ho detto, e diventava sempre più acida.

   Solo quando ballavamo, a volte, si creava una certa armonia, per il resto era una lite continua.

   Ogni giorno, ogni ora, ogni momento.

   E’ durata così per molto tempo, e andava sempre peggio.  Finché una sera Maria è stata tanto irritante che le ho dato un ceffone. Non le dico quello che è riuscita a farsi uscire dalla bocca!

   Una donna non deve mai parlare così al suo uomo. Mai. Così gliene ho mollato un altro, più forte, da farle rimbalzare la testa da una parte all’altra. Se lo meritava, mi creda, signor commissario. Se lo meritava proprio. E per punirla, per farle capire chi era, che comandava, le ho tolto anche la carta di credito. I soldi glieli lasciavo sul tavolo, la mattina, per la spesa. Contati. Se voleva qualcosa in più, me lo doveva chiedere.

   Da quel momento, signor commissario, quella donna è riuscita a rendermi la vita un inferno. Un vero inferno. Si rifiutava persino di fare all’amore... Ma la io la costringevo, e sì che la costringevo, e a suon di botte, anche.

   Ho sopportato questa vita per mesi, signor commissario, perché sono uno che sopporta, mi creda.

   Ma ieri sera... ieri sera mi ha proprio fatto saltare i nervi, come si suol dire.

   C’era il torneo di tango, alla sala dove andavamo sempre ed io ero sicuro che avremmo vinto. E Maria che fa? Lo sa che fa? All’ultimo momento mi dice che non vuole venire. E perché? Perché ha un occhio nero e si vergogna. La donna di un “tanguista” che si vergogna di un occhio nero! Si è mai sentita una sciocchezza simile? Avrebbe dovuto andarne orgogliosa, invece! Era la prova che era la donna di un vero uomo!

   I casi erano due. O non aveva capito proprio niente, ma proprio niente, del tango, oppure voleva sfidarmi. Non so cosa fosse peggio, ma era chiaro che quella donna aveva bisogno di una lezione. Ho cominciato a menare le mani per davvero.

   Se avevo intenzione di ammazzarla? Ma che domanda è? Allora mi ha fatto sprecare il fiato, signor commissario. Allora non mi è stato a sentire. Il fatto è che Maria era diventata insolente. Io volevo solo che stesse al suo posto. Che si comportasse come si deve comportare una donna, insomma.

   E’ tanto difficile da capire?